A mezzanotte e tre minuti arriva la telefonata di Anna. Correttamente Lupanna. Oppure, detto in confidenza tra noi, Anna la pazza, ma non ditelo a lei. È tanto che non la sento.
Mi fa piacere, nonostante l’orario. Gli dico che ho ospitato Ingiullo: sono stati cari amici, forse anche intimi per un certo tempo.
«Oh, povero te!» e il suo commento spontaneo.
«E quanti giorni lo hai ospitato?»
«Tre, il tempo del congresso».
«Come il pesce!»
Capisco con un po’ di ritardo l’affermazione.
«Ti ha portato l’uva? Ha un’uva magnifica».
«No, la cioccolata».
«Accidenti! Sa sempre come portare squilibrio allo stato psico-fisico di una persona».
«Andava in Grecia, una ragazza australiana allieva di Jones lo raggiungeva».
«E cosa hai provato a vederlo?»
«Uhm? Niente, credo niente».
«Uhm… Ti devi mettere in collegamento con le tue emozioni, ti sei congelato. Per qualche motivo? Ti è successo qualcosa di significativo in questi ultimi anni?»
Sorrido. Non sentendo una risposta insiste.
«Prova a fare uno sforzo, vedi se ti viene in mente qualcosa…»
Ha una voce dolcissima per telefono, ma se l’è voluta lei.
«Beh… fammi pensare in questi ultimi quattro anni… sono stato licenziato senza preavviso, è morto mio padre in modo inatteso, mi è nato un figlio mongoloide e mia madre è finita sulla sedia a rotelle, in depressione. Che dici?»
«Ma no!» mi rimbrotta «Dario!, intendo dire qualcosa che può averti messo in apprensione… preoccupato. Creato tensione. Non è successo niente del genere? Insomma, qualcosa di grave?»
È troppo seria per credere che stia giocando.
«Sono ingrassato undici chili»
«Ah!, ecco. Vedi. Che rapporto senti di avere con il cibo?»
«Sano».
«Cioè?»
«Mangio tutto sano»
«Cioè?»
«Un pollo intero, un barattolo intero di nutella…»
Ride. «Oddio!, Dario tu mi fai morire dal ridere…»
La risata di Lupanna non può essere descritta è necessario ascoltarla. Una volta e non si dimentica.
«E tu invece mi tiri sempre su di morale… che combini?»
«Sto organizzando una protesta civile, siamo tutti ciclisti… dobbiamo trovare uno slogan da scrivere sulla maglietta… che ti viene in mente qualcosa…?»
«Contro cosa protestate?»
«Contro i papalagi».
«Accidenti! Io sono un papalagi doc!»
«Evvabè, allora protestiamo pure contro di te!»
Papalagi è il modo in cui un re aborigeno ha chiamato il flaccido uomo occidentale, incapace di usare il proprio corpo e che si muove solo in automobile e respira un’aria irrespirabile e non sa costruire con le proprie mani nulla di quello che usa. Un libricino delizioso, il primo che mi ha regalato Anna.
«Spegnete il motore e accedente le gambe!» dico.
«Eh!?»
«È lo slogan da scrivere sulla maglietta… non ti piace?»
«Aspetta, che me lo appunto…»
«Vedi io ti ho aiutato e tu?»
«Io cosa?»
«Tu per le mie cose, hai un consiglio?»
«Quali?»
«Il padre morto, il figlio mongoloide, la mamma paralizzata?»
«Amore mio, queste sono cose della vita… che vuoi che ti dica? Che mi dispiace? E che te ne fai? Sono cose che accadono. Lo sai come me, e io ti ricordo come una persona intelligente che non si lascia turbare dalle cose che nella vita in una maniera o nell’altra devono accadere… o mi sbaglio? Vedrai che c’è del buono, c’è sempre tanto di buono nelle cose che accadono… siamo nati per essere felici. Dobbiamo esserlo… non devi lasciarti fregare dalle cose che accadono. La nostra felicità non dipende mai da quel che ci accade. Mai…»
«Me lo ripeti?» le chiedo.
«Cosa?»
«Quest’ultimo concetto…»
Sorride: « La nostra felicità non dipende mai da quel che ci accade. Mai».
«Ti voglio bene» le dico, ed è vero.
«Anch’io».
E attacca, è fatta così. Forse fra un mese, forse fra due giorni oppure fra due o tre anni richiamerà. E sarà una nuova gioia ascoltarla. Può non sembrare, ma ha molto a che fare questo dialogo con la storia del mio libro.
Postilla
Questa telefonata si è realizzata qualche anno fa. Mantiene ancora intatto tutto il suo valore, ma allora non si sapeva nulla del libro e delle altre cose qua. Il tempo è passato e la mamma ha lasciato la sua sedia a rotelle e ora – credo – ci osservi seduta e divertita da qualche angolo segreto del cielo o forse non ci osserva più. Sono cose che a me non è dato sapere. Rimane però quel che noi – qui – ricordiamo di lei. A cominciare da questa paginetta https://francescoword.wordpress.com/2014/05/30/nonna-anna/ che il suo nipotino “toccato leggero” le ha dedicato. Sì, la felicità ci spetta al di là di quel che accade. Baci, mamma.