Federica è una bimba affetta dalla sindrome di Down ed io sono il suo fortunato papà, o come dice lei fortunato “padre”.
Ora ha quasi sei anni e ogni giorno che passa sono sempre più convinto della scelta fatta quando con mia moglie decidemmo di tenere Federica e portare avanti la gravidanza.
Sì, perché noi abbiamo saputo della sua condizione genetica con i risultati dell’amniocentesi.
Quando ci chiamarono dall’ospedale, per dirci che dovevano parlarci in merito al risultato del test, a me e Tina cadde il mondo addosso. Lì per lì il cervello non connette più, ti girano mille pensieri per la testa, ma il principale è: “Perché proprio a me?”.
Una volta deciso di tenere Federica, ho iniziato a vivere la vita in modo diverso e ho iniziato a prestare più attenzione anche alle cose che per le persone normali sono delle sciocchezze. Una piccola cosa infatti per lei può diventare un ostacolo insormontabile: così, cerco di accompagnarla e aiutarla a raggiungere l’obiettivo e superare gli ostacoli.
La condizione genetica di Fede ti costringe a “rallentare” il tempo, ad aspettare per il raggiungimento di un obiettivo: le prime frasi complete, i primi passi da sola o le pedalate con la bici. Questa attesa però ti riempie di una felicità impagabile perché puoi dirti: “Anche questa è fatta, adesso avanti con la prossima sfida”.
Non tutto però per Fede ha bisogno di più tempo, per la danza e la musica ha una dote innata. Sono due anni che balla e ha già partecipato a due saggi ed è bravissima.
Ha solo un difetto, è testarda come un mulo. Ma quello non è dovuto alla sindrome, ma ai geni originari della Sardegna da cui viene mia moglie.