
Suona il citofono. Lungo. Ho appena iniziato a fare la lotta pazza con mio figlio nel lettone. Un rito domenicale irrinunciabile. Iole è nel bagno. Penso di non rispondere, non aspettiamo nessuno. Non ha senso interrompere la lotta. Suona ancora. Mi affaccio. Piove. La ragazza mi guarda perplessa. È completamente vestita di nero, sembra un corvo bagnato, ma è anche molto graziosa.
«Prego?»
«Hello, I’m Clarissa. Mr. Ingiullo gave me this address. He is here?» è molto rapida nel parlare e ha un accento, mi pare, australiano.
«Mr. Ingiullo was here last month, is now in Greece».
La pioggia si intensifica. La ragazza continua a fissarmi incerta. Con una mano le faccio cenno di salire.
Quando Francesco sente suonare il campanello scende giù dal letto, gridando eccitato: «i’nonna!… i’nonna…».
E quando la porta si apre rimane titubante a fissare questa ragazza alta più di un metro e ottanta, con occhi azzurri e lucenti come perle. È spiazzato: non ha l’aria di una nonna.
«Hi, I can go to the bathroom?»
«È occupato» dico per riflesso e poi mi correggo: «It’s busy».
«It’s okay. Appearance».
«Just a moment, Iole hai molto?» dico bussando.
Iole apre la porta del bagno. Ci fissa tutti e tre con severità.
«Un’amica di Ingiullo» specifico «Ha bisogno del bagno»
«Prego» lo dice guardando malamente nella mia direzione.
Io faccio spallucce. Ingiullo per prima cosa è un suo amico.
La ragazza entra. Da dietro la porta grida: «I think I take a shower. Is it okay?»
Iole mi guarda incerta. «Vuole fare la doccia…» bisbiglio.
Iole mi fa cenno dell’asciugamano. Annuisco.
«I’ll get a clean towel».
«Perfect!»
Iole va a recuperare un asciugamano pulito e me lo passa.
«Clean towel» dico mentre busso alla porta.
Quando apre la porta è a seno nudo. Mi sorride.
Io non ci riesco. Le porgo l’asciugamano.
«I do not use soap», non so perché me lo dice.
«Bene» commento io stupidamente.
Lei richiude la porta.
Francesco mi tira per il pantalone del pigiama: «i’chicco… nonna?»
«Nonna viene dopo Francesco. Questa è Clarissa» ribadisco un concetto che tutto sommato mi sembra semplice da afferrare.
Quando esce dal bagno è avvolta nell’asciugamano bianco, forse anche piccolo per lei. Mi viene incontro: «You have a tracksuit trousers and a shirt, my clothes are soaked».
«Yes, just a moment…»
Cerco i pantaloni della tuta più grandi che ho e una maglietta nera. Mi pare un colore che apprezza. Appena glieli porgo lei lascia andare l’asciugamano a terra e li indossa, così per qualche secondo resta nuda nel mezzo del nostro corridoio. Anche Iole rimane perplessa. Lei mi riporge l’asciugamano.
«A beautiful hair» dice Iole mentre gli passa il phon. Sorrido all’idea di quanto sia stato faticoso per lei mettere insieme quelle parole. Per tanti motivi, non solo per il suo inglese arrugginito.
«Great!, I can also have a brush?» chiede.
«Vuole anche una spazzola» dico a Iole.
Quando ha terminato la sua acconciatura mi dice con serenità: «Mr. Ingiullo told me that I could spend a few hours from you. I’m flying to Patras 22.30. From Ciampino. He told me that you can accompany me, is near here».
«Parte stasera alle dieci da Ciampino, raggiunge Ingiullo in Grecia» dico a Iole.
«Ok. But… sorry… we have to get out now. Let’s go to the grocery store. Sunday the supermarket closes at 13.00. Understand?»
Annuisce.
«Ok. What do you want to do?»
«No problem, I remain to watch the baby», sono contento che Iole non capisca. Poi si rivolge a Francesco: «What do you like to play?»
«i’chicco… spada!», Francesco prende la spada dal cesto dei giochi e la punta contro questo grande uccello australiano, tutto nero. Sorrido, capisce l’inglese meglio di sua madre.
«Beautiful sword! Ah! Ah!» grida lei e lo sfida a colpi con il suo ombrello. Nero anch’esso.
«Bene possiamo andare» dico io.
«Dove?» mi ringhia Iole.
«A fare la spesa, mi pare se la intendono benissimo»
«Dammi le chiavi dell’auto! Tu resti qui».
Sorrido. Lei continua a guardarci incerta.
«Okay, you can go. I’ll see you later. Oh, you can buy carrots and pumpkin seeds for me? Thank you very much»
La fisso, ma ormai ho superato ogni perplessità: «Sorry I did not understand: what’s the pumpkin seeds?»
«Pumpkin!» ripete lei certa che io debba capirla.
Scuoto la testa.
«Are also fine sunflower seeds», mi dice.
«Sunflower seeds and carrots?» ripeto.
«Very fair!» grida lei.
«Ah!, ah!» e riprende ad incrociare l’ombrello con la spada di gommapiuma di mio figlio. Francesco è eccitatissimo.
«Vuole che le compriamo carote e semi di girasole».
Iole mi guarda: «Vado» dice, e lo dice come una che non vede l’ora di uscire di casa. La mia perplessità, la mia vera perplessità è che non so se ritorna.
«You want a coffee?» chiedo io andando in cucina.
«Great!» mi grida lei senza smettere di duellare.
E poi la giornata trascorre nel tentativo di conoscere meglio questa donna di 27 anni, di origini irlandesi, che vive in Australia dall’età di tre anni e che partirà per la Grecia. Con Ingiullo vogliono ridare prosperità a una porzione di deserto seminandolo con palline d’argilla. Tutto accade fra traduzioni malfatte e qualche video chat in skype per salutare i suoi lontani amici d’oltreoceano. Tutto accade in modo piacevole. Anche vedere mio figlio di quattro anni intendersi con un australiana, molto meglio di quanto riesca a me e a sua madre. Divertente. E nell’arco della giornata Francesco si dimentica perfino che la nonna non è venuta. Alla fine della cena Clarissa si rivolge a tutti noi.
«Thank you for your hospitality. Your son is a wonderful child. It was great to play with him».
«For us it was a pleasure to meet you».
Iole si limita a sorridere. E lei riprende a parlare: «You are a lovely family, which governs the life according to the dictates of Wilhelm Reich»
«That is?»
«Liebe, Arbeit, Wissen ist die Quelle unseres Lebens: sie sollte auch für ihn» mi risponde lei.
Intuisco solo che è tedesco.
«I do not understand.»
«Love, labor, knowledge is the source of our life: they should also govern it… Wilhelm Reich» ripete lei.
«L’amore, il lavoro, la conoscenza sono le sorgenti della nostra vita: dovrebbero anche governarla» dico a Iole. Lei annuisce.
«Bello» aggiunge.
«Sì, bello. Very nice» ripeto io.
L’attimo dopo suona una sveglia. Si mette a preparare il suo zaino e stringe Iole in un abbraccio. Si carica lo zaino in spalla e corre fuori dalla porta, poi torna dentro rapida. Bacia due volte Francesco, lui l’osserva divertito. Vorrebbe baciarla ancora, ma lei va via troppo veloce.
«It’s very late! let’s go!» mi grida.
Frettolosamente tira me fuori. Saluta ancora. Ha il timore di perdere l’aereo. Iole forse più di lei. Corriamo via. Arriviamo puntuali per il check-in. Non so se e quando la rivedremo, so che se accadrà non sarà un dispiacere.