
Sei stato battezzato il giorno di Pasqua ed è stata una cerimonia carina, semplice ma molto partecipata. Il sacerdote che ti ha amministrato il battesimo era un nostro amico di famiglia, tuo fratello Stefano aveva partecipato in prima persona in veste di chierichetto e alcune ragazze del nostro oratorio avevano animato la funzione con canti accompagnati dal suono delle chitarre.
La festa che ne è seguita è stata una vera sorpresa per me: al rinfresco hanno partecipato tutte le persone che ci erano vicine in quel momento, è stato un tripudio di parenti e soprattutto amici, alcuni di vecchia data ma altri… molti, erano amici nuovi che avevamo trovato grazie al tuo arrivo tra noi.
Com’era possibile? La sera in cui mi è stato comunicato in ospedale che i medici avevano il sospetto che tu fossi nato con la sindrome di Down, io mi ero posta mille quesiti, avevo mille dubbi, mi chiedevo come sarebbe cambiata la mia vita da lì in poi… e la vita della mia famiglia?
Ero convinta che sarebbe stata una vita vissuta nella rassegnazione, nella tristezza… e com’è che invece ogni giorno di più sembrava che non solo non ci fosse tristezza, ma stavi portando gioia nella nostra casa, nella nostre vite e tutto intorno a noi. Non riuscivo davvero a spiegarmelo!
Non avevo mai pensato al mondo della disabilità, non avevo mai preso in considerazione la possibilità di doverci fare i conti e adesso invece mi ci ritrovavo catapultata dentro… mio malgrado. Non soltanto dovevo fare i conti con il mondo della diversità tutti i giorni, ma ormai faceva parte della mia quotidianità e così sarebbe stato per sempre.
Io che quando ho visto quel risultato del test di gravidanza avevo pensato che un terzo figlio avrebbe sconvolto la nostra normalità, ora dovevo rivedere totalmente le mie idee, i miei pensieri, la mia visione di normalità. Come mi piace spesso ripetere, da quel momento, io, il tuo papà e i tuoi fratelli non avevamo più la nostra vita normale, dovevamo ripartire con la nostra vita in una “diversa normalità”, nel senso che ciò che prima ci appariva “diverso” ora aveva i connotati del “normale” e quello che prima pensavamo fosse la “diversità” ora era diventato la nostra “normalità”.
Lo so è strano, in effetti una cosa di cui mi sono accorta è che alcune situazioni sono più semplici da vivere che da spiegare: sono situazioni di vita “diversamente normale” semplicemente da vivere.
E vivendo questa nostra vita, ti guardo oggi nel giorno del tuo nono compleanno. Nove anni in cui tante domande hanno trovato risposta, tante paure sono svanite lasciando il posto a grandi sorprese e ad altre paure… A volte penso che in fondo sarà così per sempre: domande… risposte… nuove domande… nuove risposte; un po’ come le onde del mare che si inseguono e appena una si infrange sulla battigia arriva quella successiva.
Avremo mai un momento di quiete? E mi viene da sorridere: il concetto di quiete pensando a te è quanto di più bizzarro si possa immaginare. Mi chiedo come abbia fatto quel piccolo esserino che nove anni fa, appena nato, dormiva continuamente, che non si svegliava neppure per nutrirsi, a diventare quel vulcano in continua attività che sei diventato.
Sei nato ed eri come una sorgente di montagna, un piccolo zampillo d’acqua fresca e limpida che diventa un tranquillo rivolo che scorre allegramente ma che attraversando il ghiacciaio si alimenta sempre di più fino ad essere un torrente che man mano che scende verso valle brontola sempre più impetuoso fino a sfogare tutta la sua forza in una potente cascata.
E le tue cascate quotidiane possono ricordare tutto tranne che la quiete.
Stare dietro a te e alla tua continua vivacità è estremamente stancante devo ammetterlo, ma come non rendersi conto che è proprio grazie a questo tuo temperamento che oggi tu sei quello che sei? Sono sicura che se tu non fossi stato quel cocciuto che sei non avresti imparato a succhiare e deglutire il latte che ti serviva per recuperare, grammo dopo grammo, il peso che nei primi giorni di vita continuavi a perdere.
E pensare che pediatri e cardiologo erano assolutamente contrari alle tue dimissioni dall’ospedale: erano preoccupati perché alla nascita il “dotto di Botallo è rimasto pervio”…
Figuriamoci se io sapevo cosa era il dotto di Botallo, e quali sarebbero potute essere le conseguenze di questo suo essere rimasto pervio. Ad ogni termine medico, per me incomprensibile, corrispondeva una mia perplessità, una preoccupazione nuova che andava a sommarsi a quelle già esistenti.
Eppure ad ogni visita, il tuo cuoricino ci dava sempre delle grandi soddisfazioni, sembravi volerci dire “io sono più forte di quanto vi immaginiate… datemi solo un pochino di tempo e vedrete di che pasta sono fatto”.
Anche se in effetti hai iniziato abbastanza presto a farci vedere di che pasta sei fatto, perché già dopo pochi giorni, a pancia in giù sul fasciatoio dopo il bagnetto, hai sollevato la testa e hai iniziato a voltare il viso da destra a sinistra e viceversa, come a voler esplorare quel mondo, così nuovo per te che per i primi giorni hai sempre dormito. Incredibile, i medici mi parlano di ipotonia, mi dicono di stare molto attenta al collo e alla testa perché non riesci a sostenerla da solo, e tu sei qui che a una settimana di vita tiri su la testa da solo e ti guardi intorno?
Sono passati nove anni e tutto sembra così lontano e nello spesso tempo così vicino. Ti guardo adesso nella tua instancabile vivacità e mi rendo conto che avrei dovuto immaginarlo fin da quei primi giorni che ci avresti stupiti e mi chiedo quanto ancora riuscirai a stupirci anno dopo anno, conquista dopo conquista.
Io davvero non so fin dove arriverai, fin quando ci stupirai, quante risorse avrai ancora da esprimere, quello che so è che sto imparando ad assaporare con te la tua innocenza e la tua spensieratezza….a tutto il resto penseremo in futuro.
Tanti auguri piccolo mio!