“Il vero viaggio di scoperta non consiste nel trovare nuovi territori, ma nel possedere altri occhi, vedere l’universo attraverso gli occhi di un altro, di centinaia d’altri: di osservare il centinaio di universi che ciascuno di loro osserva, che ciascuno di loro è.”
Prendo in prestito questo chiaro e meraviglioso pensiero di Marcel Proust per introdurre un argomento che mi sta particolarmente a cuore: la diversità come nutrimento dell’anima, la diversità come ricchezza inesplorata. È ormai un po’ di tempo che nelle vesti professionali di esperto di comunicazione e attento osservatore del mondo che mi circonda tento di comprendere il perché di tanta nostra difficoltà nello accettare che siamo nati uno diverso dall’altro, e questo per una ragione semplice, che cioè siamo complementari l’uno per l’altro. Ma prima di avventurarmi in riflessioni tengo a precisarvi che la mia vita, almeno fino ad oggi, non è stata certo un esempio di integrità e di saggezza, al contrario si potrebbe definire un esempio di sofferta e a volte inconsapevole contraddizione. Ma alla soglia dei cinquanta anni di età è successo qualcosa di molto bello nella mia esistenza che tende a spingermi quotidianamente al desiderio di amore verso me stesso e quindi verso gli altri esseri umani diversi da me, che tende al bisogno della scoperta dell’altro.Vi assicuro con non poche difficoltà…
E allora provo a spiegarmi. È cosa certa che l’esperienza di ciascuno di noi è attraversata da continue presenze dell’altro. Le nostre relazioni interpersonali sono rappresentate di fatto da una “galleria di volti” che irrompono nel nostro spazio vitale e ai quali rispondiamo in forme differenti e a ciascuno in forma singolare. Entrare in relazione con l’altro innegabilmente vuole dire entrare in contatto con un’altra identità, cioè con qualcuno che è altro da me. Attraverso questo incontro, oltre a sviluppare maggiore coscienza della nostra identità, abbiamo la grande occasione di diventare persone più ricche, più ricche dell’alterità riconosciuta.
Eppure il mondo assurdo in cui viviamo (e di cui siamo parte attiva) cerca inspiegabilmente di annullare la “diversità” che ci rende tutti così meravigliosamente unici, tende cioè ad intervenire più sul gruppo che sull’individuo, a creare universi omologati, comunità di simili dove il singolo si deve identificare con il gruppo. In questo modo l’alterità e la diversità vengono attribuite non a ciascun individuo in quanto essere differente da un altro, ma solo ad alcuni che presentano particolari caratteristiche che li rendono dissimili rispetto all’omologazione dei gruppo. Ed è proprio per questa ragione che la presenza dei cosiddetto “diverso” nella nostra società genera conflitti, mette in crisi il normale funzionamento dei sistema e condiziona in modo forte la formazione e la crescita dei singoli.
La diversità è , in altre parole, vissuta in chiave negativa, come una vera e propria minaccia della nostra identità. Per questo motivo la presenza del diverso da me genera, ahimè, sentimenti di paura, ansia, sospetto.
Se si riuscisse invece a percepire la “differenza” non come un limite alla mia crescita, ma come un “valore” positivo, una fondamentale risorsa, allora l’incontro con l’altro potrebbe rappresentare in certi casi anche lo scontro, ma non sarebbe mai causa di discriminazione.
Invece è proprio il pregiudizio, inteso come giudizio superficiale non avvallato da fatti, ma da opinioni, il motore che tante volte muove le azioni e i comportamenti di tutti noi, condiziona le nostre relazioni sociali, ostacolando appunto le opportunità di contatto, incontro, esplorazione, scoperta, fondamenti essenziali questi del rapporto con l’altro da sé. Scoprire il mondo con gli occhi di un altro vuol dire avere qualcosa di più, imparare qualcosa in più di ciò che sappiamo.
Non passa giorno in cui mi chiedo: come è possibile non vedere il bello della diversità? Come è possibile che ci ostiniamo a vivere contro i principi stessi della Natura che ci ha creati, guarda caso, tutti diversi l’uno dall’altro? Forse è la stessa Natura, o per un credente Dio, che nella sua infinita perfezione ha voluto donarci la possibilità di porci in una situazione di contraddizione perenne. Ma certamente è importante non smettere di rifletterci su. Così come credo sia importante riflettere sul fatto che spesso ci accorgiamo della importanza e della bellezza della diversità allorquando si presenta nella nostra vita famigliare un fatto imprevisto come, per esempio, la nascita di un figlio con la sindrome di Down, l’Alzheimer in un nostro genitore, l’arrivo di un cognato di un altra razza e/o religione, etc. Ma quale è la nostra reazione? Ho notato, sempre più frequentemente, che in queste situazioni tendiamo a ghettizzarci, a difendere i nostri interessi particolari, additando gli altri come razzisti, cerchiamo un luogo fisico e/o di rappresentanza dove trovare il supporto vicendevole di altri nelle nostre condizioni, diventiamo quindi soci di associazioni di categoria con l’obiettivo di stimolare le istituzioni a votare leggi mirate a sostenere economicamente i disagi che viviamo , magari entrando in una sorta di competizione con altre associazioni che rappresentano simili interessi di parte. Insomma ritorniamo a noi, al nostro ansioso individualismo. Anche su questo vorrei riflettere.
E allora comincio sempre di più a maturare la convinzione che sia arrivato il momento di impegnarmi (spero non da solo) in un percorso di discernimento con l’obiettivo di creare le premesse di una vera cultura alla bellezza della diversità, senza ipocrisie ed eccezioni. Attraverso l’ideazione e la realizzazione di un progetto strategico di verità sulla nostra natura umana, che contempli confronto costruttivo e si implementi in una campagna di divulgazione permanente, con azioni mirate nel tempo a cominciare dalla prossimità, poi alla scuola, per arrivare ad ogni individuo che senta la sacrosanta esigenza di vivere una vita piena, alla scoperta di altri punti di vista, arricchita del nutrimento vitale dell’altro. Perché… c’è tanto bisogno di diversità!
Foto: Unity amidst Diversity by eddypua / CC BY-NC-ND 2.0