“Per educare un bambino occorre un intero villaggio” – Proverbio
Ogni nuova esperienza ci permette di ragionare su alcuni aspetti e fare dei bilanci, per questo ritengo importante riflettere su alcuni interventi educativi che avrebbero potuto dare migliori risultati se si fosse riuscito a creare, intorno agli educandi, un ambiente modificante.
L’esperienza in una scuola superiore
Considero rilevante citare un intervento di potenziamento cognitivo secondo il metodo Feuerstein, che ha avuto luogo in una scuola superiore: il lavoro è stato fortemente voluto dalla direzione e dalle insegnanti di sostegno, animate dalle migliori intenzioni.
Il corpo docenti era stato informato che alcuni alunni con disabilità cognitiva avrebbero preso parte al progetto, ma purtroppo gli insegnanti non erano stati adeguatamente informati circa il tipo di lavoro che avrebbero svolto i ragazzi, non avevano ricevuto informazioni sul metodo Feuerstein, sull’importanza della mediazione e della modificabilità cognitiva. I genitori ignoravano l’opportunità che veniva offerta ai loro figli, così sono stati impiegati fondi, tempi e personale, per donare una goccia che si è persa nel mare dei doveri scolastici, della diffidenza e scoraggiamento di genitori di ragazzi ormai grandi.
Lavorando con le famiglie, nel corso d’interventi individuali di potenziamento cognitivo, mi è capitato d’incontrare madri molto coinvolte, ma poco supportate dalla figura paterna (per ragioni diverse); questo scarso coinvolgimento del padre nel sostenere i figli nella disabilità, a mio avviso ha caricato le mamme di un peso enorme e ha contribuito a ottenere meno di quanto si sarebbe potuto ottenere diversamente.
Ritengo necessario tener presente che per aiutare una persona in un processo di cambiamento è fondamentale che tutte le figure di riferimento (familiari, educatori, docenti, e così via) credano nella possibilità di cambiamento, siano disposte a mettersi in gioco, cambiare e crescere, creando una rete di collaborazione e fiducia reciproca.
Cenni sulla modificabilità umana
Le neuroscienze ci confermano che la genetica non può avere l’ultima parola: l’intelligenza è modificabile, le cellule neuronali sono plastiche e se adeguatamente stimolate dall’intervento di un mediatore si creano nuove connessioni. L’essere umano è geneticamente predisposto al cambiamento. Affinché la modificabilità umana si realizzi, la figura del mediatore è importante, ma non è di minor rilevanza l’ambiente, il contesto in cui la persona in difficoltà è inserito: l’ambiente deve essere modificante.
L’ambiente modificante e le sue caratteristiche
Come ci insegnò il Professor Feuerstein, uno dei sistemi applicativi necessari per dare forma alla teoria della modificabilità cognitiva strutturale è la creazione di un ambiente modificante, ossia un contesto capace di recepire i cambiamenti della persona, di trovare nuove modalità relazionali, perché l’attore del cambiamento possa continuare a modificarsi nel tempo.
L’ambiente modificante deve avere alcune peculiarità:
- è aperto: libero da pregiudizi, stereotipi, non giudicante, deve consentire a ciascuno di realizzarsi, dando il meglio di sé, facendo leva sui punti di forza dell’individuo;
- è richiedente, non eccessivamente protetto: è un ambiente esigente che crea disequilibri che costringono la persona con disabilità ad attivarsi, sviluppando risorse e competenze, assumendosi responsabilità. L’ambiente modificante non è mai rassegnato davanti alle difficoltà del soggetto, ma lo induce ad andare oltre i propri limiti iniziali;
- stimola l’interesse per le novità: per creare una tensione verso il cambiamento è importante che la persona sia stimolata a confrontarsi con situazioni nuove, vincendo la paura per l’imprevisto. Per fare questo è necessario aiutare l’educando a prender coscienza dei vantaggi che gli deriveranno dal cambiamento, creando in lui un bisogno. Pone al centro le competenze della persona, quindi ogni richiesta, ogni stimolo sono adeguati a quella persona in particolare (le richieste non devono mai essere al di sotto delle possibilità del soggetto, ma nemmeno troppo al di sopra);
- è ottimista, ossia sa guardare al futuro con fiducia e permette al soggetto di guardare con ottimismo la vita e se stesso.
Foto: Girl Child Education di Madhavi Kuram / CC BY-NC-ND 2.0